sabato 16 febbraio 2013

Com'era Nero il Vinile


Titolo: Com’era nero il vinile
Autore: Glauco Cartocci
Editore: Aereostella, 2008, 176 pag., brossura


Dalla quarta:
“Floyd Hendrix, titolare dell'Agenzia Investigativa "Private ear" che opera nel mondo del rock, indagando su un traffico di dischi falsi di vinile, scopre che dietro la truffa si cela una catena di suicidi che coinvolge numerose personalità del Regno Unito. Pagina dopo pagina il mistero si infittisce sempre più coinvolgendo il nostro detective discografico che può contare solo su un'arma: il suo intuito musicale eccezionale” ... “parallelamente si muove un enigmatico personaggio, a sua volta manovrato da una sorta di spettro, la Dama Nera, la Regina d’Ebano”




L’Investigatore Privato. 
Ormai da un secolo la narrativa e la cinematografia hard boiled americana ci hanno abituato a riconoscerlo. La sua figura e il mondo narrativo che lo circonda sono diventati patrimonio comune dell’immaginario collettivo. I cappelli, i completi gessati, le automobili, gli uffici disordinati, le segretarie, l'atmosfera cupa, il poliziotto burbero amico del detective ecc. Più di clichè, sono quei  topoi narrativi che rendono la lettura dei pulp magazine immadiatamente riconoscibile da chiunque e opportunamente parodiati e omaggiati dal protagonista del romanzo, Floyd Hendrix (nomen omen) a perpetuare un rito filosofico di vita e meta narrativo. 

Meno consueto è il particolare campo di indagini di Floyd Hendrix, il quale non si occupa di omicidi (lo dovrà suo malgrado) ma di pubblicazioni discografiche rare e particolari. L'idea rimanda immediatamente a Lucas Corso, il protagonista del romanzo Il Club Dumas del 1993 di Arturo Perez-Reverte, adattato su pellicola da Roma Polansky e Johnny Depp nel film "La Nona Porta". 
Come ogni "cacciatore" di libri rari che si rispetti, il quale prima o poi si troverà a occuparsi di quei fantomatici e pericolosi testi chiamati "pseudobiblia" in un contesto insolito e fantastico, così anche Floyd Hendrix si troverà di fronte all’inesplicabile che si cela sotto la quotidianità prosaica di ricchi collezionisti, di nostalgici sessantottini amareggiati e di varia umanità all’estremo delle mode e delle tendenze musicali e di costume.

L'indagine, discografica e criminale, diventa anche indagine antropologica, attraverso alcune tragiche e divertenti figure, esasperate a tal punto da apparire paradossalmente vere (nei momenti più divertenti del romanzo), con le quali il nostro cacciatore di dischi rari dovrà confrontarsi. Figure di postumanità estrema. Figli degenerati di una società moderna che cerca di sopravvivere ritagliandosi uno spazio eccentrico nella commercializzazione della musica e dei suoi  “valori rock" ormai traditi. Ognuna di esse però si rivelerà utile per aggiungere tasselli alla risoluzione del puzzle, per chi sa leggere "tra le righe".

Le due strade tematiche del romanzo sono strettamente allacciate tra loro. Gli amanti del whodunit non rimarranno delusi. Indizi, induzioni, deduzioni e colpi di scena, se pur non del tutto originali, tali lo diventano nel contesto specifico della materia di indagine e nel modo attraverso cui sono veicolati al lettore. Tutti i personaggi (buoni, grigi, cattivi) si trovano a reagire all’eco di un'epoca che non c’è più, a quel che ne è rimasto. E ognuno di essi rappresenta una possibile varietà di reazione all’impatto che nella società contemporanea ha avuto quel periodo d’oro della musica e della cultura alternativa del periodo tra gli anni 60 e 70.
Quanto è rimasto nella società attuale dei valori di quella breve epoca dell’evoluzione culturale e artistica ?
E quel che ne è giunto a noi come si è trasformato ? Come si è adattato per sopravvivere ?
Cosa, di quanto si faceva all’epoca, con la lente del tempo, oggi risulta davvero di qualità ? Ma questa lente quanto è obiettiva ? E’ in grado di darci l’oggettiva valutazione delle cose oppure le deforma troppo per adattarle al gusto e all’estetica di adesso, filtrando in positivo solo quello che in qualche modo somiglia all’attuale ?
Non ci dimentichiamo che l’attuale deriva comunque dal passato ?

L’album musicale in vinile e l’iPOD rappresentano ai poli opposti, tutti i valori, tutti gli oggetti, tutte le esperienze delle due filosofie contrapposte.













Il vinile, parafrasando un noto saggio cavaliere, è un manufatto di un’epoca più civile, non è goffo ed erratico come un iPOD. Il vinile e la copertina dentro cui è contenuto, consentono un’esperienza uditiva, tattile, estetica, unificante e totalizzante tra loro, che l’iPOD non potrà mai dare, nell’ottica che può essere meglio apprezzata anche da bibliofili ed appassionati di arti figurative. D’altro canto la sorprendente crescita della tecnologia applicata alla produzione e fruizione ci consente di realizzare le nostre opere in solitudine, a casa e con sostanziale abbattimento dei costi di realizzazione. Ci consente di far conoscere le nostre opere a più gente possibile, in tutto il mondo e praticamente gratis.
Di creare un fenomeno impensabile per l’industria dell’intrattenimento (alto o basso) fino agli anni ’90. Arrivare al 10° album o libro e rimanere ancora conosciuti solo in una stretta cerchia di amici e parenti.
Ai “tempi d’oro” si poteva venire a conoscenza di un nuovo film, libro o disco, se non addirittura dell’autore stesso o del musicista, solo attraverso poche riviste, fanzine, amici, amici di amici.
Ogni nuovo album rappresentava un nuovo punto d’arrivo (o di stagnazione) nella carriera dell’artista. Un evento quindi da condividere e rispettare. Oggi si può essere informati in tempo reale su ogni libro, ogni album musicale, ogni mostra, ogni concerto, da ogni angolo del pianeta, in tutto il pianeta, dall’istante stesso che vengono pubblicati. Emblematico il caso della cinematografia. Al momento dell’uscita di un nuovo film sappiamo già tutto di quel film e da mesi se non anni prima. Solo il fruitore attento e con il personale gusto ormai maturo e allenato può districarsi con efficacia in questo mare di informazioni, Diversamente se ne può venire soffocati, saturando la propria voglia di scoperte oppure correndo il pericolo di appiattire e unificare tutto, senza discernimento.

In mezzo l’equilibrio. 
Questa antitesi dimostra che la soluzione è nell’equilibrio.
L’antitesi del romanzo, condivisibile, è che esiste un modo sano di affrontare le passioni e uno malato. Il modo sano serve a crescere interiormente, ad espandere le nostre percezioni e conoscenze. Ci evolve. 
Il modo malato ci chiude in noi stessi trasformandoci in prigionieri di quelle stesse passioni che dovrebbero liberarci.

In mezzo Floyd Hendrix. Abbastanza lucido e distaccato per affrontare in modo sano la passione ma sempre con un piede sul baratro del modo malato. E gli eventi che lo coinvolgono nell’indagine lo spingono preoccupantemente verso quest’ultimo, trovandosi costretto a condividere il malato ed estremo modo di vivere (e sopravvivere) di gran parte dei personaggi del romanzo, i quali non godono delle loro passioni ma ne sono vittime, limitando la propria crescita interiore a cui la passione stessa dovrebbe portare, degradando anche la passione stessa. 
A questi, l’autore contrappone l’unico momento davvero felice per Floyd, nel locale chiamato Singalong Jo, trascinato controvoglia da Spancer, il suo assistente.
Al “Singalong Jo” Floyd troverà il modo sano di vivere la passione. Il rifugio fisico e mentale a cui fare riferimento per ricordarsi, nei momenti di bisogno che l’alternativa al baratro, esiste.

Ma la Dama Nera è ancora li, nell’ombra ....

Donald McHeyre

2 commenti:

  1. Grazie Damiano per questo bellissimo regalo di compleanno. Amo questo mio piccolo libro che per vari motivi ha avuto poca fortuna. Quello che mi sorprende sempre (anche se non dovrebbe sorprendermi) è constatare ancora una volta come uno stimolo diciamo "artistico" (NB con la a minuscola, per pudore) faccia sempre vibrare delle corde "diverse" ma consequenziali in chi è dotato a sua volta di capacità, in chi sia ricettivo al punto da fare due più due. Molte della tue osservazioni suonano nuove e intriganti anche per me (non avevo pensato la parallelo col Club Dumas, ad esempio, né avevo ragionato a fondo sulla dicotomia fra la passione "malata" e quella sana). Come teorizzava qualcuno, ogni opera in fondo è "aperta", si possono aggiungere elementi personali a un'impalcatura eretta da altri, e in questa "consonanza di intenti" si va avanti. La Dama nera, la Regina d'Ebano, può avere la prevalenza sul nostro immaginario, solo se la lasciamo vincere vivendolo in modo malato (come hai osservato tu), ma ti dirò che è comunque meglio soccombere a Lei e quindi alla passione artistica, piuttosto che... non averla mai provata, né fattivamente né da fruitore (che è quasi la stessa cosa): non lo credi anche tu? (Domanda retorica). GLAUCO

    RispondiElimina
  2. Penso molto semplicemente (forse più semplice nell'idea ma più difficile nella pratica) che il "segreto" sia non prendere mai totalmente sul serio la propria passione e soprattutto i propri idoli. E che anzi, ridere a volte di loro ci aiuti ad apprezzarli di più. Credo che anche su questo ci troviamo concordi.

    RispondiElimina