venerdì 15 marzo 2013

Perché Venere è sulla conchiglia ? E perché no?


L'11 di marzo si è ricordato  l'anniversario della nascita di Douglas Adams, il grande scrittore e umorista autore di una delle opere di culto della fantascienza mondiale, La Guida Galattica per Autostoppisti e relativi seguiti. Sono anni che non leggo Adams però sia per il grande parlarne in rete e sia per le associazioni mentali e mnemoniche con cui la nostra mente spesso ci sorprende mi è venuta la voglia di rileggere questo Venus on the Half-Shell (Venere sulla conchiglia) romanzo di Kilgore Trout sulla vecchissima (e sicuramente tagliatissima) edizione Mondadori Urania che possiedo (poi ristampato).

Il romanzo racconta le gesta di Simon Wagstaff che a seguito di un nuovo diluvio universale provocato da alieni con buone intenzioni, resta l'unico abitante del pianeta Terra. Trovata un'astronave e alcuni compagni "eterogenei", un cane, una civetta e un robot femminile di piacere, decide di vagare per l'universo in cerca della risposta alle domande fondamentali. Chi siamo ? Da dove veniamo ? Dove andremo? Wagstaff e i suoi male assortiti compagni visitano uno dietro l'altro una serie di mondi i cui abitanti sia per biologia che per società sono uno più improbabile dell'altro, raffigurando, il romanzo, una carrellata di tutte le assurdità e i luoghi comuni della fantascienza.

Ma chi è Kilgore Trout ?

Nato nel 1907 (oppure 1917) e morto nel 1981 (oppure 2001) è uno scrittore classico di SF di scarso successo. Autore di racconti cinici e pessimisti che anche le riviste specializzate (Amazing, Astounding ecc.) hanno sempre rifiutato e costretto quindi a pubblicare i suoi lavori su riviste pornografiche (anche più infime delle già infime riviste di fantasciemenza).



Theodore Sturgeon
Tutto questo non è vero.

Kilgore Trout  è stato inventato dal famoso scrittore di fantascienza ... ehmm .. di mainstream, Kurt Vonnegut Jr. e ispirato al pur grandissimo scrittore Theodore Sturgeon ( pseudonimo di Edward Hamilton Waldo) in realtà uno dei primi scrittori "veri" e grande stilista di prosa della storia della fantascienza americana. Trout lo si può trovare in molte opere di Vonnegut. Principalmente ne "La Colazione dei Campioni", in "Dio la benedico, Mr Rosewater", "Mattatoio n.5" e tanti altri. Per Vonnegut, Kilgore Trout è la quinta essenza del tipico scrittore americano di SF. Uno scribbacchino senza talento, un poco cialtrone e sfigato (due su tre calzerebbero ad A.E. Van Vogt). 

Kurt Vonnegut Jr.

Theodore/Kilgore Sturgeon/Trout e Kurt Vonnegut si conoscevano fin da prima di intraprendere ciascuno la carriera di scrittore di fantascienza. Il primo è rimasto nel genere tutta la vita diventandone uno dei maestri con  capolavori come "More Than Human" e "The Dreaming Jewels", lavori molto "letterari" e poco "fantascientifici". Il secondo, dopo i primi anni nel genere, con opere anche di elevata fattura come, "Distruggete le Macchine" e "Le Sirene di Titano" ha abbandonato il settore per diventare uno scrittore mainstream di culto con opere tra le quali quelle citate sopra ma continuando ad avere contatti con il suo vecchio mondo narrativo attraverso un personaggio sberleffo. 
Quindi il romanzo "Venere sulla conchiglia" lo ha scritto Kurt Vonnegut ?

No!


Lo ha scritto il più coraggioso e irriverente scrittore di fantscienza mai esistito, il mai abbastanza compianto Philip José Farmer (Un amore a Siddo, Riverworld, Fabbricanti di universi) nel 1975, come "controparodia" alla parodia di Vonnegut. Lo stile ricalca quello descritto da Vonnegut su Trout ne "La colazione dei campioni" e il romanzo vero e proprio prende le mosse da due paginette fittizie che si trovano in "Dio la benedica, Mr Rosewater".

Vonnegut non apprezzò mai del tutto questa risposta alla sua provocazione iniziale e come beffa alla beffa, all'inizio tutti credettero che fosse stato proprio Vonnegut in un periodo, il 1975, quando ormai aveva abbandonato la narrativa di genere.

Come già detto nel romanzo ci troviamo davanti a biologia, società ma anche situazioni tra le più assurde. 
Il coraggio di Farmer, già testimoniato in molte sue opere, è tale che riesce a usare pagine e pagine per dare motivazione a queste assurdità in un esercizio stilistico ammirevole e gustosissimo. 
E il bello è che queste spiegazioni riescono spesso ad essere convincenti. Se ci dimentichiamo però l'assurdo da cui parte l'assunto. 
E all'ora perché tutto questo ? E perché no ?

Null'altro da dire su una lettura non programmata ma veloce e suscitata da un doodle che mi ha impallato internet per 15 minuti. Però a questo punto sarebbe il caso di rileggersi qualcos'altro di Farmer, che manca dal mio comodino da troppo tempo.

Donald McHeyre





4 commenti:

  1. Mi sembra bene che "E perché no?" sia la frase chiave del libro (anche io ce l'ho a prendere polvere sullo scaffalone degli Uranioni).
    E mi ricorda molto la storiella di quel tale che ha di fronte un gesuita e gli chiede "Ma perché voi Gesuiti rispondete sempre a una domanda con un'altra domanda?" Risposta "E perché no?".
    Quindi, se ricordo bene il libro di KT=PJF, anche Dio è un Gesuita. Il che spiegherebbe anche le recenti scelte dello Spirito Santo...

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  2. Si. A questo punto Dio è un gesuita. Osservazione pertinente la tua.
    La versione buddista della storiella gesuita potrebbe essere quella del monaco che ad ogni accusa ingiusta rivoltagli, rispondeva sempre, "ah si ?"

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  3. OT (ma non si sa mai):
    la migliore storiella sui monaci buddisti che io ricordi è questa:
    ci sono tre santoni indiani in meditazione.
    Arrivano i turisti che li guardano senza disturbarli. Quando vanno via, loro continuano a meditare per cinque anni. Poi il primo santone dice "avete visto la turista col golfino giallo?"
    Passano altri 5 anni in silenzio e il secondo santone fa "non era giallo, era arancione".
    Passano altri 5 anni e il terzo santone fa:
    "vabbè, se cominciate a litigare me ne vado!"

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  4. Non l'avevo mai sentita ma più che una storiella buddista "doc" sembra una barzelletta tutta occidentale. C'è un'altra storiella buddista che mi è venuta in mente: Un monaco sta camminando per i fatti suoi quando improvvisamente appare una tigre con l'intenzione di mangiarselo. Il monaco comincia a correre di gran lena inseguito dalla tigre fino ad arrivare sull'orlo di un precipizio. Il monaco si ferma pensandosi in trappola. Da una parte la tigre che te un secondo lo raggiune, dall'altra un precipizio. Si accorge comunque di un alberello che spunta alcuni metri più in basso dalla parte rocciosa. Si cala velocemente e riesce a trovare salvezza sul tronco. Resta così attaccato guardando in alto la tigre che lo aspetta ringhiando. Dopo alcuni secondi due topolini usciti da un buco della parete corrono fino alle radici e cominciano a rosicchiarle. Tra poco l'alberello cadrà. Il monaco, se rimane appeso cadrà nel precipizio sfracellandosi se si arrampica fin dove è venuto la tigre che lo aspetta lo mangerà. Indeciso, e c'è poco tempo, si guarda intorno e improvvisamente si accorge di una fragola che spunta accanto alll'alberello. raccoglie la fragola e se la mangia. "ummm .. pensa il monaco, "com'e dolce"!

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