venerdì 20 settembre 2013

IL PRODUTTORE DISCOGRAFICO


Tante volte parliamo dei musicisti e del loro lavoro. In particolare quello discografico. Il congelamento nel tempo di una specifica performance, scelta tra molte altre possibili nell'interpretazione di un brano musicale. La versione "scelta" diventa LA versione del brano. Quella definitiva e pietra di paragone per qualunque altra rappresentazione dello stesso brano che verrà fatta dopo, su un palco, in una saletta, dagli autori ed esecutori del pezzo "base", da altri musicisti.



La fortuna di questa versione "matrice" dipende da tantissimi fattori. Il gusto ? Certamente ma limitante. Le capacità meramente esecutive dei musicisti coinvolti, la capacità di strutturare in una concezione  architettonica (e in questo i Pink Floyd sono un perfetto esempio) un'idea di base anche interessante ma che senza questo sviluppo, questa articolazione ulteriore, l'idea iniziale non potrebbe essere considerata una "composizione". Le piccole raffinatezze che impreziosiscono, spesso anche non palesemente all'orecchio dell'ascoltatore, questa composizione, rendendola ricca e capace di durare a diversi ripetuti ascolti, la ricerca del suono più adatto, le molteplici possibilità e forme in cui un'idea musicale può essere trasmessa, la coerenza tra loro e la coerenza che un singolo brano può avere tra se stesso e gli altri suoi "fratelli" dell'album, l'ordine in cui questi brani vengono presentati nella scaletta del disco, la grafica della copertina dell'album, coerente o meno con la musica insita, ecc. ecc.

Tutto questo si chiama produzione.

Joe Meek
Il produttore. Questa oscura figura che sta "dietro", letteralmente, nel caso del vetro della sala prove, figurativamente nel caso della realizzazione e del confezionamento di un album di musica, con gli anni ha raggiunto una posizione dominante nell'industria discografica.

Spesso sono oscuri e malamente ricordati per la loro importanza, spesso sono conosciuti e riconosciuti per la loro importanza solo dagli "addetti ai lavori" o dagli appassionati più addentro alla loro passione, come Joe Meek, Phil Spector o Shel Talmy, in altri casi diventati componenti effettivi di un gruppo e fattore importante per la riuscita qualitativa di un progetto e della cifra stilistica di una determinata musica, come Eddie Offord per gli YES, Terry Brown per i Rush o George Martin per i Beatles.

Shel Talmy e "Chi" ?
In altri casi sono diventati musicisti, rimanendo produttori, come Alan Parsons o Brian Wilson, o musicisti diventati produttori, come Trevorn Horn. In altri casi sono diventati produttori per necessità e mania del controllo come Frank Zappa.

Sia che restino oscuri nomi, tra i tanti indicati nei credits di un album, sia che diventino miliardari e più famosi (quasi) delle creature musicali da loro allevate, i loro lavoro, un lavoro totale, immenso e non limitabile, consiste nella responsabilità  ultima e totale dell'aspetto di un lavoro discografico finito. 
Ci sono dischi contenenti ottima musica rovinata da pessima produzione e ottime produzioni che salvano musica mediocre.


Eddie Offord e qualche YES
Tra questi due estremi la realtà è che al produttore  viene richiesta, capacità tecnica, musicale e umana. 

Un lavoro immane, immenso e delicatissimo che in pochi riescono ad affrontare e che spesso resta dietro le tende (o dietro il vetro). Sconosciuta ai più, sottovalutata ai molti, compresi i musicisti, che se il produttore con il quale lavorano non ha il giusto carattere può diventare facilmente il capro espiatorio dello scarso successo di un progetto musicale. Se il disco vende e piace è merito dei musicisti. Se il disco non vende e non piace è colpa del produttore. Tanto può essere sostituito (il più delle volte ) ma il bel nome del cantante resta.


A PUNTO D'INCONTRO, sabato 21 settembre dalle ore 17.00 parleremo di questa figura con il musicista e neoproduttore Ariele Donatello Cartocci. 

Su The Radio Station, 102.3 in FM oppure in streaming (link affianco)

Non mancate.

Donald McHeyre





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