venerdì 30 gennaio 2015

RACCONTI DI ZOTHIQUE di Clark Ashton Smith

Sviluppo grafico di Glauco Cartocci

Il primo volume di Clark Ashton Smith, Cronache di Averoigne (QUI per i pigri) con il quale si è inaugurata la nuova avventura di McHeyre editore sta andando piuttosto bene ( e dopo la radio e i podcast, speriamo che questa vada meglio). 
Attendo commenti.

Proseguiamo quindi la serie dei "libri ideali" e lo facciamo ancora con CAS e il suo ZOTHIQUE, l'ultimo continente della Terra.

Altri volumi sono in cantiere e non tutti di narrativa.

lunedì 12 gennaio 2015

Clark Ashton Smith - Cronache di Averoigne


Clark Ashton Smith (Aubern, 13 gennaio 1893 - Pacific Grove, 14 agosto 1961), poeta, scrittore, scultore e pittore.
Vissuto quasi sempre nella piccola cittadina di Aubern in California in condizioni economiche sempre precarie, praticamente autodidatta, cresce sotto l'ala protettiva del poeta  George Sterling che gli farà da mentore per il suo debutto nel mondo della poesia con un primo volumetto di poesie, The Star-Treader and Other Poems, all’epoca molto acclamato dalla critica ma con poca fortuna commerciale. Segue poi l’altra raccolta di poesie, nel 1922, Ebony and Crystal.
Proprio nel 1922 diventa membro del circolo letterario (epistolare) del non-solitario di Providence, H.P. Lovecraft, e pur sentendosi soprattutto poeta, accetterà verso la fine degli anni ‘20, per bisogno alimentare, di entrare nella piccola comunità degli scrittori delle riviste popolari specializzate (Weird Tales, principalmente), dove produrrà fino al 1935 piccoli gioiellini di fantastico narrativo, in realtà veri poemi in prosa carichi di quella oscura decadenza francese, tipica, del a lui caro, Baudelaire.
Il decadentismo “Fin de siècle” francese, ma anche quel misconosciuto capolavoro proto moderno che è Vathek di William Beckford, e le derive folcloristiche medio orientali dovute al successo occidentale de “Le Mille e Una Notte”, faranno da base, più che i tradizionali miti celtici-norreni, per l’immaginario fantastico di CAS.
Nel 1933 diventa amico epistolare di Robert Ervin Howard.
I tre (Howard, Lovecraft e Smith), tra racconti pubblicati e "chiacchierate in differita" in forma epistolare, si influenzano a vicenda, creando un genere narrativo e meta narrativo che, all'epoca del tutto ignorato, oggi è imitato e acclamato in tutto il mondo.
CAS, abbandonò il più remunerativo (rispetto alla poesia) settore della narrativa fantastica, depresso e deluso, anche in conseguenza alle premature e tragiche scomparse degli altri due. E come gli altri due, povero in canna per tutta la vita, non pubblicò mai più nessun racconto. Dal 1935, fino alla morte si dedicherà soprattutto alla scultura (celebri, tra gli appassionati, le sue statuette dei Grandi Antichi) e alla pittura, non abbandonando mai il suo primo e vero essere, quello del poeta.
Scomparso nel 1961, fu l'unico dei tre ad assistere all'iniziale boom commerciale in America di Tolkien.

La sua produzione di racconti, poesie e poemi in prosa, con piccole e brevissime eccezioni, non ha mai avuto in comune i personaggi (come per il Conan di R.E. Howard, per intenderci) ma bensì le ambientazioni.
Le quattro ambientazioni più ""frequentate" dai suoi racconti si possono racchiudere in altrettanti "cicli".
Zotique: L'ultimo continente della terra (con il quale CAS ha praticamente inventato il dark fantasy) ispirando, tra gli altri, un altro grande come Jack Vance. Zotique (pronunciare alla francese) è il nome dato da Verlaine e Rimbaud al loro libretto di appunti.
Hyperborea: Il ciclo di racconti più vicini al concetto (non ancora formalizzato all'epoca) di Heroic Fantasy e il maggior contributo di CAS ai Miti dell'altro suo amico di penna, H.P.L.
Poseidonis: L’ultima isola di Atlantide. Il più breve di questi “cicli” e quello, insieme a Hyperborea, più direttamente ispirato al lavoro para letterario-para mistico (o solo para) di Helena Petrovna Blavatsky. 
E in ultimo Averoigne: L'immaginaria provincia francese (in realtà L'Avernia) con una serie di racconti di ambientazione medievale e di umorismo boccacesco, accostabili ai racconti medieval-fantasy del suo contemporaneo, James Branch Cabell, (un Maestro del fantastico,  molto poco conosciuto, editorialmente parlando, in Italia).

Lin Carter, il famoso antologista e scrittore, che insieme a L.S. De Camp, farà fortuna con l’edizione integrale (con molte aggiunte) del Conan di Howard, nella bellissima e fondamentale serie, da lui curata, Ballantine Adult Fantasy, produce quattro raccolte di racconti di CAS. 
Tre di queste, Zotique (1970), Hyperborea (1971), Poseidonis (1973), racchiudono, come si evince dai titoli, principalmente materiale riunito sotto la medesima ambientazione, più qualche aggiunta di “cicli” minori. Xiccarph (1972), tutti gli altri “cicli” rimasti fuori.
Si tratta di compilazioni fatte con materiale canonico e ordinato in ordine cronologico, o dove si poteva (Zotique, Hyperborea), tentare un approccio cronologico dalle evidenze interne delle storie. In queste raccolte restano fuori i frammenti e le sinossi di racconti mai pubblicati (e scritti) in vita da CAS (materiale che in rete, si trova tutto nell’ottimo sito “elditchdark” dedicato a CAS). Per alcune “collaborazioni postume” con CAS, Lin Carter provvederà in altre sedi.
Tra gli appunti di lavoro, trovati dopo la sua morte (nel 1988), si scopre che Carter aveva in cantiere, sempre per la Ballantine, il volume dedicato ad Averoigne che quindi resta, l’ambientazione, inedita, in una sua versione integrale ed esaustiva, al pari delle altre.

E questo è ancora più vero in Italia.

CAS, forse non beneficiando di gente come Glenn Lord, De Camp, Carter (curatori/arraffatori all’eredità di Howard, il più “facile” e “vendibile”, tra moltissime virgolette, rispetto agli altri due), o di una riscoperta critica e filologica “totale” come accaduto al non-solitario di Providence, (che ha trasformato, “un genio tutto da scoprire” nel “più geniale dei dilettanti”), ancora oggi è il meno studiato dei tre principali autori di Weird Fantasy americano, pur essendo stato antologizzato numerose volte nel corso dei decenni.
Di rimando e in proporzione, nel nostro paese, abbiamo “opere integrali” di Howard e Lovecraft, in tutte le salse editoriali, rivalutazioni letterarie, dovute a traduzioni più degne e un apparato critico di tutto rispetto (a partire dal lavoro pioneristico di De Turris-Fusco).
Per Klarkash-Ton tutto questo ancora no. Si c’è qualcosa ma ancora neanche lontanamente paragonabile al lavoro fatto sugli altri due.
Howard, dicevamo, è il più “”””facile”””””, grazie ai suoi “cicli” con unico protagonista. 
I suoi protagonisti sono più “”””facili””””, con il loro proto superoistico aspetto e la loro “filosofia” di vita.
Eppure Lovecraft non è più “facile” di CAS, il quale aveva almeno, una base stilistica e tecnica, più solida del primo, anche se (e questo è un problema per il traduttore), questa stessa, solida base, intrisa di neo parole inglesi para francesistiche, di difficile (per un traduttore), interpretazione, lo rende meno producibile, editorialmente parlando, per una edizione straniera. CAS, come abbiamo già detto e come lui stesso si definiva è stato soprattutto un poeta. E come poeta la sua prima preoccupazione consisteva nell'usare le parole (e quando non esistevano, inventarle) per il loro suono e collocarle nel punto giusto per l'effetto "musicale" globale che voleva ottenere per evocare immagini fantastiche nella mente del lettore e suscitarne emozioni, in modo più istintivo che razionale.

Ma considerazioni stilistiche a parte (e che per il momento non ci sentiamo in grado di affrontare ulteriormente), pensate come sarebbe bello avere in Italia, una serie di volumi dedicati a CAS, di dignità editoriale pari a quelle avute per Lovecraft e Howard.
Zotique, della benemerita Editrice Nord (presa da quella Ballantine a cura di Lin Carter) è l’unica eccezione.
I quattro volumetti (materia per ricerche collezionistiche) edite dalla MEB, imitano, altrettante edizioni antologiche originali americane.
La Fanucci di Gianni Pilo ha pubblicato molto CAS, con traduzioni più che decenti ma con veste e cura editoriale decisamente da biasimare.
Eppure proprio da queste traduzioni (ma con più mezzi e tempo, se ne dovrebbero fare di apposite), prendiamo le mosse per queste versioni italiane “ideali”. 
E cominciando proprio dal “ciclo” mancante. Averoigne.

Un bel volume che potrebbe essere assemblato facilmente con i moderni programmi per computer (tutti open source), mettendo i racconti nell’ordine cronologico interno (ma senza rinunciare, ovviamente, a menzionare le date originali di pubblicazione).

L’ordine dei racconti nel volume sarebbe questo: 
Averoigne (poesia) 1951
1138: Il Fabbricante di Gronde (The Maker of Gargoyles) agosto 1932.
1175: La Santità di Azeradec (The Holiness of Azédarac) novembre 1933.
1281: Il Colosso di Ylourgne (The Colossus of Ylourgne) giugno 1934.
1369: Il Mostro dell'Averoigne (The Beast of Averoigne) maggio 1933.
15° secolo: La Mandragora (The Mandrakes) febbraio 1933.
1550 circa: Un Rendezvous in Averoigne (A Rendezvous in Averoigne) aprile/maggio 1931.
1550: Il Ritrovamento di Venere (The Disinterment of Venus) luglio 1934.
1575: Il Satiro (The Satyr ) 1931(1948 Arkham House) agg. finale alternativo.
Madre di Rospi (Mother of Toads) luglio 1938.
L'Incantatrice di Sylaire (The Enchantress of Sylaire) luglio 1941.
1787 o 1798: La Fine della Storia (The End of The Story) maggio 1930.

Con l’aggiunta in appendice dei frammenti e le sinossi, inedite, che si trovano facilmente in rete (sempre su eldritchdark), alcuni già tradotti, la maggior parte tradotti appositamente e ad impreziosire il tutto, mappe e illustrazioni in tema.

Il volume avrebbe anche una bella copertina e retro copertina, tipo queste:

                  























In questo modo se ne potrebbe realizzare altri di volumi per  altri cicli.

Non sarebbe un bel sogno per tutti gli appassionati italiani ?
Oppure, il sogno, è già, in parte, una bella realtà ?

mercoledì 17 dicembre 2014

McHeyre podcast BBC CAPTAIN BEEFHEART

Captain Beefheart, al secolo Don Van Vliet (nato Don Glen Vliet).

Glendale, 15 gennaio 1941 - Arcata, 17 dicembre 2010

Che l'amiate oppure odiate, di sicuro la sua musica non può essere ignorata.

Con Jacopo Muneratti abbiamo preparato questo piccolo podcast in suo onore e ricordo (e in quello dello Zio Frank)


Lo trovate sul canale podcast di questo blog insieme ai podcast precedenti.

La musica è il meglio.



CAPTAIN BEEFHEART BBC session
di Jacopo Muneratti

Don Van Vliet, Alex St. Claire, Jeff Cotton, Jerry Handley, John French

Studio 4 - Maida Vale, 24 January 1968
First broadcast: “Top Gear”, 4 February 1968

Sure ‘Nuff ‘n Yes I Do
Yellow Brick Road
Abba Zaba
Electricity

Don Van Vliet, alias Captain Beefheart, è stato, probabilmente, l’artista preferito da John Peel di tutti i tempi, e uno dei pochi con cui mantenne una profonda amicizia fino al giorno della sua morte. Peel fu uno dei primi a suonare il suo primo LP “Safe as Milk” per radio, ancora prima di collaborare con la BBC e, nel 1968, fu così incoraggiante nei confronti di Captain Beefheart & His Magic Band, da offrirsi addirittura come guidatore di bus per il loro tour Inglese. Visto questo amore così grande per la musica di Captain Beefheart, normalmente, una sua inclusione nelle session sarebbe stata scontata. C’era però un piccolo problema: il ministero del lavoro Inglese aveva stipulato un regolamento sulle BBC session riguardo ai gruppi stranieri che permetteva di usufruire di tale servizio solo a coloro che provenivano da una nazione che poteva garantire delle session in radio agli artisti Inglesi. Purtroppo, gli Stati Uniti d’America non erano parte di queste nazioni. 
Tuttavia, sia Peel, che il produttore di “Top Gear” Bernie Andrews volevano fortemente una session del Capitano quindi, per aggirare la questione, si inventarono uno stratagemma: Captain Beefheart and His Magic Band, secondo i documenti, non erano un gruppo musicale, bensì un gruppo di prestigiatori. La regola del ministero del lavoro era legata squisitamente ai musicisti e e a quelli stranieri che non potevano registrare session in sé ma potevano farlo se usavano una backing band inglese (grazie a questo espediente gente del calibro di Joni Mitchell e Tim Buckley, tra gli altri, poterono fare session legalmente) quindi, in questo modo, riuscirono ad aggirare la burocrazia Inglese e, nessuno dei funzionari parve rendersi dell’inghippo (oppure, semplicemente, chiusero un occhio). Questa prima session è abbastanza interessante, perché dà una buona idea di come suonassero dal vivo all’epoca Captain Beefheart and His Magic Band. I quattro brani sono tutti tratti da “Safe as Milk” e sono tutti e quattro in versioni più lente ed estese. “Yellow Brick Road” in futuro non sarà ripresa dal vivo, ma anche gli altri tre pezzi sono molto interessanti, compreso il classico “Abba Zaba”, in un arrangiamento live diverso da quello che diventerà definitivo. Una curiosità riguardo a questo brano: si tratta dell’unica versione conosciuta dove l’assolo di basso è suonato dal bassista Jerry Handley; nella versione in studio, infatti, su quel brano, il basso era suonato da nientemeno che Ry Cooder, brevemente un membro della Magic Band e qui in uno dei suoi primi lavori professionali. Il Master Tape della session, con grande dispiacere di Peel, è stato cancellato (e riutilizzato) qualche mese dopo la sua messa in onda. John cercò a lungo registrazioni di questa session, ma nonostante la tenacia, per molto tempo non ebbe successo; nemmeno quando nel 1999 aiutò a compilare il cofanetto di retrospettiva della carriera del Capitano “Grow Fins” riuscì a reperire dei nastri. Ebbe successo solo alle porte del XXI° secolo, quando un ascoltatore gli spedì entrambe le session, registrate da lui stesso alla radio, permettendogli così di ascoltarle e di ritrasmetterle 33 dopo la loro prima messa in onda: il 6 Marzo 2001. Una curiosità: i tecnici studio della BBC si ricordarono di questa session a lungo, a causa di alcuni comportamenti stravaganti di Beefheart durante le registrazioni, tra cui cantare disteso sul pavimento e giocare con gli interruttori della luce! Questa session finì nella lista “The Best 125”, una selezione delle migliori session selezionata dalla famiglia di Peel, i suoi amici, ingeneri del suono, produttori, musicisti e altri suoi amici che lo conoscevano bene.

Studio 201, Piccadilly - London, 6 May 1968
First broadcast: “Top Gear”, 12 May 1968

Safe as Milk
Beatle, Bones ‘n Smokin’ Stones
Kandy Korn
Trust Us

Durante questa fase, Captain Beefheart e la sua Magic Band stavano lavorando a quello che avrebbe dovuto essere il suo secondo album, intitolato “It Comes To You In A Plain Brown Wrapper”. In realtà, problemi tecnici durante la registrazione, costrinsero il gruppo a ricominciare le session da capo in un secondo studio, e l’album venne pubblicato solo in Ottobre, con il titolo “Strictly Personal”. Le versioni originali di quei brani (pubblicate negli anni ’90) erano molto meno prodotte e più “crude” rispetto a quelle definitive, piene di “effetti psichedelici”, e, i quattro brani presentati in questa session, suonano molto vicini alle prime versioni, più dal vivo ed energiche. In ogni caso, a parte la differenza di produzione e la mancanza di effetti sonori e di nastri al contrario, questi quattro pezzi, non si differenziano troppo nemmeno dalle loro versioni ufficiali su “Strictly Personal”, con solo qualche leggero cambiamento di struttura in “Kandy Korn” e “Trust Us”. La session rimane comunque un documento imperdibile per i fan di Captain Beefheart, perché il materiale dal vivo di questa formazione è estremamente raro, e la bellissima “Trust Us” è un pezzo che non è mai stato più eseguito in futuro. Il Master Tape di questa session subì la stessa sorte di quello della precedente, e Peel entrò in possesso di una copia solo quando riuscì a procurarsi anche la prima, grazie allo stesso fan Inglese che le aveva registrate dalla radio a suo tempo. Anche questa session venne quindi ritrasmessa nel 2001 da Peel, il 7 Marzo, il giorno dopo la prima, rendendo così un grandissimo favore ai fan di Captain Beefheart che da lungo tempo cercavano registrazioni di questi due eventi storici. Con la pubblicazione di “Trout Mask Replica” l’anno successivo, il nome del Capitano si era fatto conoscere meglio in tutto il mondo, e, quindi, il trucchetto burocratico di prima non avrebbe più potuto funzionare, decretando così la fine delle possibili BBC session di Captain Beefheart and His Magic Band. In ogni caso, durante la puntata di “Top Gear” del 24 Aprile 1973, Peel invitò Vliet in studio per la parte finale del programma e, insieme, condussero un’esilarante e surreale puntata, piena di battute e di aforismi scherzosi. 





lunedì 15 dicembre 2014

Archivi dall'Oblio: ANDROMEDA 1969


ANDROMEDA
London, UK

Album: Andromeda 1969, RCA Victor

Brani:
1-Too Old
2-Day Of The Change
3-And Now The Sun Shines
4-Turn To Dust
5-Return To Sanity
6-The Reason
7-I Can Stop The Sun
8-When To Stop

John Cann (guitar, vocals)
Mick Hawksworth (bass, vocals)
Jack McCulloch (drums)
Ian McLane (drums)


Un "power trio" dimenticato del rock britannico. Gli Andromeda in realtà sono stati pur nella loro brevissima carriera (appena tre anni, dal 1967 al 1969), un crocevia importante di collegamento a molti altri gruppi dell'epoca e il loro unico album del 1969 è oggi considerato un pregiato pezzo dai collezionisti.

Il talentuoso chitarrista John Du Cann (1950-2011) aveva fatto gavetta con i SONICS, una garage band/proto punk nel 1962 e poi aveva sfiorato il successo con il gruppo MOD THE ATTACK, pubblicando 4 singoli e un album con FIVE DAY WEEK STRAWPEOPLE.
Questi ultimi comprendevano, oltre a Du Cann, anche il bassista Mick Hawksworth e il batterista Jack "Collins" McCulloch, fratello maggiore del più noto Jimmy (THUNDERCLAP NEWMAN e WINGS).
Du Cann e Hawksworth hanno partecipato anche ai MAILTOWN BLUES BAND, gruppo già dal nome, chiaramente in linea con le tendenze blues underground dell'epoca. I fratelli McCulloch e Hawksworth avevano realizzato un singolo nel 1967 come ONE IN A MILLION.

Gli ANDROMEDA, ancor prima di incidere trovano il favore di John Peel che li fa suonare a TOP GEAR a ottobre del 1968 e gli propone di pubblicare un album per la sua appena nata etichetta, la DANDELION.
Dopo questa promettente partenza ecco i primi problemi. Attriti degli altri due con McCulloch fanno sostituire quest'ultimo con Ian McLane, batterista proveniente dai NEAT CHANGE i quali avevano pubblicato un singolo quello stesso anno con lo YES man, Peter Banks.
Peel perde interesse per il gruppo e nonostante diversi concerti anche come spalla dei neonati BLACK SABBATH e l'interesse (momentaneo) di Pete Townshend, alla fine pubblicano il loro unico album (con un certo Eddie Offord al banco mixer) e un singolo per la RCA Victor, la quale li supporta molto poco a livello promozionale nonostante diverse recensioni positive della stampa specializzata.
L'entusiasmo si spegne e il gruppo si scioglie dopo un ultimo concerto del 1969 in coppia con gli ancora più oscuri HORSE.
Du Cann fonderà, insieme a Vincente Crane e Carl Palmer (entrambi proveniente dal Pazzo Mondo di Arthur Brown) gli ATOMIC ROOSTER ma sopportando poco il "crazy" tastierista, continuerà nel corso degli anni ad entrare ed uscire dal gruppo come in un Grand Hotel. In una di queste "uscite" partecipa al progetto HARD STUFF, altro power trio con John Gustafson (Merseybeats, Episode Six, Quatermass, Roxy Music)  partecipa ad un tour tedesco dei THIN LIZZY.


Mick Hawksworth partecipa ai fortunati ma effimeri FUZZY DUCK.
Ian McLane, fonda i MOON insieme al primo cantante dei JUICY LUCY, Ray Owen.
E con questi tre gruppi, altre connessioni sono praticamente infinite.

Degli ANDROMEDA sono disponibili sul mercato CD, diverse interessanti compilation con molti inediti interessanti, comprese le BBC session con John Peel.





giovedì 11 dicembre 2014

MOD Vita pulita in circostanze difficili


Veste elegante. Più di quanto le finanze di questo giovane londinese (quasi un ragazzino ancora) possano permettergli. Questa sua ricercatezza nel vestire viene coperta da un incongruente parka, molto utile invece nel clima di una giornata tipica della piccola isoletta albionica.  Va in giro con un mezzo di locomozione a due ruote di fabbricazione italiana con il quale duella contro i più potenti motori usati dai Rocker vestiti di pelle nera, amanti invece dell'estetica americana degli anni '50.
Si fa di anfetamina per darsi coraggio, tra gli amici, per rimorchiare una ragazza, per scappare da un bobby, per scappare dal malessere sociale fatto di povertà e ingiustizie sociali, storicamente sempre presenti nel cuore dell'ex impero o semplicemente dal malessere creato dall'ancor più storico contrasto generazionale tra genitori e figli.

lunedì 8 dicembre 2014

Archivi dall'Oblio: FUCHSIA 1971

Flashes from the Archives of Oblivion (titolo del doppio album dal vivo del 1974 di Roy Harper) avrebbe potuto essere un nome più adatto per questa rubrica ma Archivi dall'Oblio è più breve e rende lo stesso bene l'idea. La rubrica rivela, con brevi "sprazzi di luce", realtà musicali e discografiche di quello che ormai è il secolo passato, sperando di toglierli dall'oblio.











FUCHSIA

 Exeter, Devon, UK

Album: Fuchsia, 1971, Pegasus 

Brani:
1-Gone With The Mouse
2-The Nothing Song
3-Another Nail
4-Shoes And Ships
5-Me And My Kite
6-A Tiny Book
7-Just Anyone

Tony Durant (acoustic guitar, electric guitar, lead vocals), Michael Day (bass), Michael Gregory (drums, percussion), Janet Rogers (violin, backing vocals), Madeleine Bland (cello, piano, harmonium, backing vocals), Vanessa Hall-Smith (violin, backing vocals)


Unico album di questa oscura formazione britannica pubblicato con poca fortuna all'epoca dalla Pegasus (una sub della B&G Records) che con questa "label" ha in catalogo anche , Atomic Rooster, Three Many Army (di Ginger Baker), Nazareth, Steeleye Span e Spirogyra. E proprio a questi due ultimi che l'unico lavoro del gruppo è forse più accostabile per delicatezze folk/pop acustiche fuse a "violenze" para progressive,  seguendo comunque un filone non così raro nei primi anni '70.
Anche se il chitarrista e cantante Tony Durant era il motore principale del gruppo come compositore della maggior parte del materiale, segno distintivo della band è stata la sua sezione d'archi femminile,  con la violoncellista Madeleine Bland (che suona anche il pianoforte e l'armonium) e le violiniste Janet Rogers e Vanessa Hall-Smith; tutte e tre contribuiscono anche ai cori. Un trio d'archi che affianca un power trio folk rock.
A cavallo tra la bellezza gotica e orrore l'album, pur con qualche ingenuità nelle voci e nei testi,  rimane una miscela surreale di gioia e di follia, un composto ammaliante di gotico, acid-folk, fantasie Canterbury e melodia pop di non vago sapore barrettiano, arricchiti con cori femminili di gusto preraffaellita e arrangiamenti altamente decorativi. 

Consigliato a chi già apprezza, Spirogyra, Forest e Comus.

Al prossimo sprazzo di luce.


















martedì 25 novembre 2014

McHeyrePodcast ROXY MUSIC BBC

 In occasione del nuovo album di Bryan Ferry, AVONMORE da poco uscito ed entusiasticamente recensito da Jacopo Muneratti, riproponiamo sul canale PODCAST le BBC session dei ROXY MUSIC originariamente trasmesse per radio e qui rimontate per voi.



IL PODCAST è QUI dove troverete anche l'accesso alle BBC session del LED ZEPPELIN e dei PINK FLOYD.

L'articolo con le note di Jacopo lo trovate QUI.

Buon ascolto, lettura e giornata.